Storia

Vacciago-oldVacciago, o Vaciago come si scriveva anticamente, sul cartello stradale da un lato è scritto in un modo, e dall’altro nell’altro, è frazione di Ameno, un paese neppure lui grande, che nel tempo ha visto ridursi la sua popolazione, con conseguente chiusura di non poche botteghe, sebbene si conservi, nel suo microcosmo, tutto quanto è utile alle necessità di una piccola comunità.
Vacciago però, è un po’ speciale, case d’epoca, addirittura palazzetti più o meno individuabili oltre i cancelli, giardini ottocenteschi, piccoli cortili. C’è perfino un museo d’arte contemporanea, voluto dal pittore Antonio Calderara, che ha donato la propria casa e la collezione, rendendo il villaggio conosciuto all’estero, da quegli amanti dell’arte che stanno, per fortuna, un po’ ovunque. E poi, oltre alle antiche dimore, amatissime da chi, il più delle volte, le possiede da più generazioni, c’ è il nucleo degli abitanti veri del villaggio, coloro i quali stanno lì anche in inverno, lavorano, mandano i bambini a scuola, e sono la vera popolazione.

Edo Tondina è figlio di questa tradizione di persone gentili e competenti, già suo padre Antonio, uomo di poche parole e con una sua segreta sensibilità, era colui al quale ci si rivolgeva, specialmente per i giardini, ma anche per liberarsi di vecchie carriole, tavoli, motori fuori uso, che lui accumulava a casa sua, pur senza farsene niente, e la mamma Santina, che ancora si vede camminare tra casa sua, la chiesa, e la bottega del figlio Edo, con la sigaretta tra le dita, la più brava stiratrice che si possa immaginare; per amore della perfezione, nessuna minima piega rimaneva sugli indumenti da lei stirati; ha accudito la casa dei villeggianti, forse meglio della sua stessa casa, affezionata al villaggio, lei che veniva dal Veneto, da quando, giovanissima, si era sposata con Antonio. E Daniele, il figlio mediano, tra Marco e Edoardo, di mestiere fa l’elettricista, ma si intende anche di idraulica, muratura, e molto altro, sempre pronto a correre, anche nei giorni di festa, per soccorrere bisogni di ogni genere, allegro, ottimista, e, non presenta mai il conto!

Edo, che ama l’arte, è il vero intellettuale del villaggio, è curioso di tutto, appena può va a Torino e Milano, per vedere le mostre più importanti. Dopo una lunga esperienza come cuoco di bordo, si è fermato a Vacciago, tenendo aperta la sola bottega rimasta, un tempo erano due, e prima ancora esisteva anche un circolo che faceva un minimo di cucina. In questo modo, attraverso la bottega, si tiene coeso il fragile contesto sociale, tra nativi vacciaghesi e villeggianti, e mentre si aspetta il proprio turno, seduti sulla panca messa a disposizione della clientela, si chiacchera, ci si informa, senza spettegolare troppo, delle reciproche faccende, tenuti d’occhio dallo sguardo intelligente, vigile e ironico, del padrone di casa che, venuto il nostro turno, ci servirà, sempre con il sorriso e buoni consigli. E’ possibile che, tra un chilo di arance, un etto di prosciutto crudo della val Vigezzo, difficilissimo da trovare altrove, una ricarica del telefonino, la pagnotta di pane dai molteplici cereali, il lardo fresco, e le notizie sulla attività culturale della Associazione Vacciaghese della quale Edo è il principale animatore, ci si dimentichi del latte, dei limoni… ma tanto, visto le ridotte proporzioni delle strade, sarà facile tornare sui propri passi, oppure sarò lo stesso Edo a recapitare a domicilio la merce rimasta nelle pieghe della conversazione. E, faccenda non da poco, per alcuni affezionati clienti, è in vigore l’uso antico di acquistare segnando l’importo sul – libretto – da pagarsi più oltre, con comodo.

Nella bottega si trovano francobolli, sigarette e giornali, traffico non indifferente, per questi ultimi, tra invenduti da restituire e clienti ritardatari che vorrebbero il loro giornale verso sera, quando i resi sono già stati preparati, e lo ottengono senza sentirsi troppo colpevoli.
Per Edo la bottega non è solo lavoro, dalla sua clientela impara parecchio sull’animo umano, occasione di serie deduzioni, ma anche di scherzi e ironia, come quando a un compratore disattento alla geografia, che gli chiedeva se i limoni fossero nostrani, aveva risposto senza esitazione che sì, quei limoni erano proprio quelli dell’Isola di S.Giulio, prezioso micro territorio di competenza delle suore di clausura!

Conserva le chiavi delle due chiese, a lui si deve se la parrocchia di S.Antonio è ora quasi totalmente restaurata, portando in evidenza preziosi affreschi altrimenti coperti da orribili ridipinture. Con la Associazione Vacciaghese organizza concerti, sia nella poetica chiesa di S.Antonio, sul campo d’erba attiguo al cimitero, sia nel santuario della Bocciola. E conserva, più per fedeltà personale che per vera e sentita necessità da parte della popolazione, il minuscolo carnevale, nella piazzetta privata prospicente casa Pagani, da anni dei Padri Barnabiti, con tanto di distribuzione di salsicce e polenta, cotte all’aperto nei grandi paioli che si usano una volta all’anno, mentre i bambini, che sembrano accorsi da un mondo parallelo, perché abitualmente Vacciago è piuttosto vuota, nei loro costumi, assaggiano l’istruttivo spiazzamento del travestimento e del gioco di identità. E non mancano gli addobbi luminosi a Natale, allestiti da Daniele, la festa della Befana, con distribuzione di calze ripiene di dolciumi, da parte di una gentile signora che accetta di trasformarsi nella spaventevole vecchia. In estate le cassette di gerani ornano l’unica strada del villaggio, implorando i passanti, da un cartello bene in vista sulla fontanella, di volerli innaffiare almeno un pochino, con l’apposito secchiello lasciato a disposizione.

Il piacere dell’accoglienza, nella bottega di Edo, si allarga agli ospiti stranieri, dalla famiglia di australiani, ma con origini indiane, con la quale parla un po’ di inglese, che innamorati del nostro villaggio contano di raggiungerlo almeno tre volte l’anno, ai non pochi tedeschi, con i quali parla un po’ di tedesco, ai meno fortunati africani, cui non lesina attenzione, aiuto e rispetto, oltre all’insegnamento di almeno un po’ di italiano.

Fausta Squatriti